Quante volte avete sentito o letto frasi come “Quella squadra è favorita per la stagione, ha una panchina lunga…” o magari il contrario “Per completare la panchina l’allenatore è stato costretto a convocare i giovani della Primavera”. Bene, da ora, anzi per la precisione da ieri, qualcosa è cambiato: la panchina sarà davvero lunga.
La Figc, massimo organo nazionale calcistico (ma soprattutto quello che può cambiare le regole del gioco), ha ufficializzato quasi a sorpresa una decisione che ha del rivoluzionario: dalla prima giornata del nuovo campionato di calcio, cioè da sabato 25 agosto, ogni squadra potrà portare in panchina ben 12 giocatori. In sostanza ben 5 in più dei 7 previsti finora. Nella pratica le società potranno inserire fino a 23 nominativi nella lista da consegnare all’arbitro: di questi ovviamente 11 andranno in campo dal primo minuto e gli altri saranno a in panchina, pronti a subentrare. E questo non varrà solo per la Serie A, ma anche per Coppa Italia, Supercoppa e Campionato Primavera.
La Federazione ha preso questa decisione “con il presidente Giancarlo Abete che ha accolto la richiesta contenuta nella lettera ricevuta dal presidente della Lega di Serie A Maurizio Beretta”. Cioè, sono state proprio le squadre a chiedere di cambiare la regola 3 del Regolamento del Giuoco del Calcio, che disciplina il procedimento di sostituzione, il numero e il comportamento dei calciatori di riserva.
La proposta della Lega nasce da un’idea del presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, che chiese una panchina più lunga lo scorso 22 maggio, quando gli azzurri vinsero la Coppa Italia contro la Juventus. Secondo lui “era ingiusto mandare in tribuna giocatori convocati che, tra l’altro, rischiavano di vedere il loro valore depauperato”. Si spacciò per un paladino dell’innovazione, sostenendo che “forse non è impossibile cambiare il mondo del calcio, rimasto immobile per troppo tempo”. Felice della scelta federale anche Maurizio Zamparini, patron del Palermo: “è una cosa per la quale mi sono sempre battuto, una scelta dettata dal buon senso. In questo modo non avremo più calciatori frustrati, perché ognuno di loro si sentirà coinvolto nella partita”. Insomma, un altro amico del gioco, dello sport, dei calciatori. Sarà, ma non è proprio così, o almeno non soltanto, e la storia lo insegna.
Un tempo i cambi non erano previsti. All’inizio dell’Ottocento, quando i primi artisti della pedata si esibivano nell’Inghilterra della prima rivoluzione industriale e lo sport oggi più famoso del mondo era solo una passione amatoriale, esisteva solo la funzione di sostituire i giocatori nella formazione iniziale. Era appunto un passatempo e poco più, dunque chi non era in grado di presentarsi al campo da gioco entro l’orario prefissato veniva sostituito da un amico o da un collega. La prima sostituzione di un calciatore titolare con una riserva documentata dagli annali pallonari risale al 1953: l’11 ottobre la Germania sfida la Saarland per la qualificazione ai Mondiali del 1954. Horst Eckel, che quella Coppa del Mondo la alzerà l’anno dopo in Svizzera, subisce un infortunio e viene così sostituito. Proprio quando il calcio, in quei mesi, sta diventando un autentico fenomeno della neonata programmazione televisiva. È così che la storia inizia a cambiare.
Bisogna però attendere oltre dieci anni perché anche nelle gare dei club si possano utilizzare le sostituzioni. Un solo cambio a partita, e solo in caso di calciatore infortunato: lo stabilisce la vecchia English Football League a partire dalla stagione 1965-66. Sarà la stagione che porterà gli inglesi al titolo mondiale, insomma la novità porta bene. Due anni e si può cambiare anche per ragioni tattiche, come insomma accade quasi sempre nel calcio contemporaneo. Nel 1988, l’anno del grande Milan degli olandesi e della selezione orange in vetta all’Europa, le sostituzioni permesse diventano due. Ormai la strada è stata aperta, e nel 1994 diventano tre. I giocatori in panchina sono sempre sette, fino a ieri. Ora il calcio cambia ancora, capiamo perché.
Come si è lasciata scappare De Laurentiis, non mandando giocatori in tribuna si evita che il loro valore venga depauperato. Perché la priorità è sempre l’aspetto economico. E qui veniamo ai tanti, troppi giocatori che compongono le rose delle nostre squadre. Per Mondiali ed Europei, ad esempio, i convocati dei c.t. nazionali sono 23. Se togliete gli 11 titolari, restano appunto 12 riserve. La Fifa non considera nemmeno l’idea che si possa essere chiamati a rappresentare il proprio paese, a giocare per la propria gente, e poi si finisca in tribuna. Da qui nasce la panchina lunga in nazionale. Ma il vero problema resta la rosa complessiva. In Spagna, ad esempio, il limite massimo di componenti di una squadra è 25. Avrete sentito parlare di un Real Madrid costretto a cedere Kakà al Milan a pochi spiccioli. Bene, questo potrebbe accadere non solo per ragioni economiche, ma anche e soprattutto per una questione numerica: la rosa dei blancos è eccessiva con Kakà, sono 26. Bene, in Italia 26 è spesso il minimo. L’obiettivo del mercato estivo è comporre un gruppo di 23 giocatori di movimento più i tre portieri, ma in molti casi si arriva a 30 e più. E così, tanti giocatori in rosa fanno infelicità. Portiamone tanti in panchina, chiunque può entrare e niente più problemi di spogliatoio. Ma soprattutto, i giocatori non si deprezzano, perché chi va in tribuna si vende a poco. Tutti in panca: per i giocatori cambia poco, per gli allenatori un po’ di più, per i presidenti ancora di più. Ecco come una decisione qualsiasi di un pomeriggio di un agosto caldo può fare la storia del calcio.