
Charl Schwartzel, vincitore 2011, consegna la “green jacket” a Bubba Watson, vincitore del Master 2012 (AP Photo/Darron Cummings)
Augusta, Georgia. Questa città di 192mila abitanti, la seconda dello Stato dopo la capitale Atlanta, ha dato i natali al famosissimo wrestler Hulk Hogan. Ma in tutto il mondo è conosciuta per un altro motivo. Nella prima settimana completa di aprile l’Augusta National Golf Club ospita, fin dal 1934, il Masters. Il primo, in ordine temporale, dei quattro “majors” golfistici stagionali – con US Open, Open Championship e PGA – e anche l’unico che ogni anno si disputa sullo stesso percorso. Forse anche il più conosciuto e il più ambito visto che i vincitori possono fregiarsi della mitica “green jacket”, la giacca verde che identifica i membri del Club e che dal 1949 viene consegnata ogni anno al vincitore da colui che si è imposto l’anno precedente sulle 18 buche di Augusta.
E proprio della “green jacket” parleremo. In questo articolo niente Tiger Woods – che del Master detiene il record sui quattro giri con i 270 colpi (-18) del 1997 e con 4 titoli è il secondo all-time per vittorie dietro alle 6 di Jack Nicklaus – né Amen Corner – l’“angolo” costituito dalle buche 11, 12 e 13 che è tra i più suggestivi e difficili dell’intero tour mondiale – né tantomeno storie sulla cabina di Eisenhower. Perché? Perché stavolta Augusta ha fatto e riscritto la storia – sua e del golf mondiale – senza driver e putter.
L’Augusta National è un club privato ed esclusivo che conta circa 300 membri, tra i quali – pur non essendo la lista di pubblico dominio – figurano Warren Buffet, Bill Gates e una manciata dei più importanti CEO del mondo, politici e sportivi. L’ingresso nel club avviene esclusivamente su invito, si dice che costi tra i 10 e i 30mila dollari, e comporta poi una quota associativa annuale di 10mila dollari. L’Augusta National Golf Club mette il rispetto della tradizione e dell’integrità in testa ai propri principi e obiettivi, tanto che il chairman Billy Payne prima del Masters 2010 ha stigmatizzato duramente Tiger Woods in seguito ai suoi ben noti scandali sessuali.
Ma la parola tradizione ad Augusta è portata all’estremo. Solo nel 1990 è stato accettato il primo membro di colore mentre fino al 1983 tutti i caddie del club erano tassativamente “colored”. Rimaneva, però, ancora una barriera da abbattere. Fino a martedì, infatti, nessuna donna era ammessa come membro dell’Augusta National Golf Club, nonostante fosse permesso loro di calcare i campi come ospiti. Martedì, all’improvviso e prendendo tutti di sorpresa, l’Augusta National ha emesso un comunicato stampa in cui ha reso noto di aver invitato l’ex Segretario di Stato Condoleezza Rice e l’imprenditrice Darla Moore a diventare le due prime donne membro del club, a 80 anni esatti dall’apertura avvenuta nel dicembre 1932.
Due figure non casuali per un passo storico, che mette fine a oltre 10 anni di lotte. Risale al 2002, infatti, l’inizio della battaglia di Martha Burk – n.1 del National Council of Women’s Organization – contro l’allora chairman Hootie Johnson sull’ammissione di donne come membri. Al tempo Johnson respinse ogni accusa sottolineando come l’Augusta National Golf Club sia un’istituzione privata e che quindi poteva e può regolarsi autonomamente e come meglio crede. L’ingresso delle donne, disse al tempo, «avverrà se e quando noi lo riterremo opportuno, non sotto la minaccia della baionetta».
Tra alti e bassi la questione tornò sulle prime pagine questa primavera quando l’IBM, uno degli sponsor principali del Masters, ha nominato una donna – Virginia Rometty – come proprio CEO. I suoi quattro predecessori, infatti, erano tutti stati invitati a diventare membri dell’Augusta National. La Rometty ovviamente no. Almeno non subito, perché ora è praticamente scontato che la terza donna a diventare membro sarà proprio lei. Ma l’Augusta National Golf Club ancora una volta ha voluto fare a modo suo, per sottolineare la propria indipendenza e la propria esclusività. Un annuncio inaspettato durante un periodo di chiusura del club e, ad aprire la strada, due donne abituate ad abbattere le barriere e riscrivere la storia. Due donne diverse dalla “scontata” Rometty, perché Augusta non si piega a niente e nessuno.
Condoleezza Rice è stata il 66° Segretario di Stato degli Stati Uniti nel secondo mandato di George W. Bush. La prima donna afro-americana a ricoprire l’incarico (seconda donna dopo Madeleine Albright e seconda afro-americana dopo Colin Powell), dopo che durante la prima presidenza di Bush figlio era stata la prima donna ad essere Consigliere per la Sicurezza Nazionale. Nel suo curriculum anche il posto di rettore all’università di Stanford, anche in quel caso la prima donna ma anche prima rappresentante di una minoranza etnica e più giovane di sempre a ricoprire il ruolo. Darla Moore è meno conosciuta dal gran pubblico ma per questo non meno “qualificata”. Donna più pagata della finanza mondiale negli anni ’80 e ’90, nel 1991 ha sposato il miliardario Richard Rainwater diventando il vice-presidente della sua società di investimento. La business school dell’università della South Carolina porta il suo nome dal 1998.
Due donne abituate ad arrivare dove nessuna prima di loro era riuscita. E che ora possono aggiungere alla propria lista di successi anche la “green jacket” di Augusta, che si apprestano a indossare con la benedizione e gli auguri di tutti: da Tiger Woods al presidente Obama, da Mitt Romney all’ex chairman Hootie Johnson (amico personale della Moore) fino all’attuale n.1 del club Billy Payne. Una vera e propria “hole-in-one”.
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