Il Corsaro ammaina la bandiera

(AP Photo/Ivan Sekretarev)

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Anno 2006. Max Biaggi, alle soglie dei 35 anni, è a piedi. Senza moto, senza squadra. L’avventura con la Honda HRC, da lui tanto sognata, è stata un vero e proprio disastro tanto da lasciarlo, letteralmente, a bordo pista. Sembra la fine, per decisione altrui, della carriera di uno dei più grandi piloti italiani di sempre e del re indiscusso dell’ormai defunta “quarto di litro”. Non sarà così, però, perché Biaggi da vero “corsaro” si rialzerà con le unghie e con i denti, costruendosi una seconda parte di carriera in Superbike che lo consacrerà definitivamente – anche se non ce n’era comunque bisogno – nell’Olimpo delle due ruote. L’addio ufficiale alle corse è arrivato solo ieri: sette anni e due titoli mondiali più tardi. Un addio alle sue condizioni. Un addio da Campione del Mondo in carica e arrivato solo e solamente per una sua decisione, visto che era già pronto il rinnovo biennale allo stesso compenso e condizioni tecniche dell’ultimo iride.

Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di ripercorrere la carriera di questo straordinario centauro che, lasciatemelo dire con un pizzico di orgoglio, per gran parte della carriera ha gareggiato difendendo i colori del Moto Club Spoleto. Max Biaggi sale relativamente tardi in moto. Nel 1990 vince il Campionato Italiano Sport Production su Aprilia e la casa di Noale, insieme al Team Italia, decide di farlo sbarcare nell’Europeo 250cc. Il Corsaro è giovane ma è già un fenomeno. La sua guida pulita e senza sbavature non lascia scampo agli avversari: è subito titolo, che gli vale anche l’approdo in pianta stabile nel Mondiale. Nel 1992, all’esordio, Max vince in Sudafrica l’ultima gara dell’anno e chiude quinto in classifica. La Honda decide di affidargli la sua NSR ufficiale per l’anno successivo ma il binomio non funziona e così Biaggi chiuderà “solo” quarto con una vittoria all’attivo. Max, allora, decide di riaffidarsi alle cure di Noale, la casa e il marchio con cui, tirando le somme, vincerà cinque dei suoi sei titoli iridati. La moto e il team che sono sempre riusciti a tirare fuori il meglio da lui e metterlo in condizione di vincere.

E vincere è quello che Biaggi fa, ininterrottamente, tra il ’94 e il ’96. Tre titoli iridati consecutivi nella “quarto di litro”, 22 vittorie e 33 podi totali. È un dominio in lungo e in largo eppure in 500cc non c’è ancora una sella per Biaggi. Max allora decide di preparare il suo sbarco nella classe regina rimanendo in 250cc ma passando alla Honda privata del team di Erv Kanemoto. Ma il Corsaro è il re della 250 e, in attesa del promesso salto in 500, vince il suo quarto Mondiale consecutivo nella quarto di litro al termine di una stagione da 5 vittorie e 10 podi totali. Per Biaggi arriva finalmente il momento di salutare la 250 e approdare in 500. Il salto avviene come recordman assoluto della quarto di litro: unico pilota nella storia della 250 a vincere 4 mondiali consecutivi con due moto diverse, maggior numero di pole position e di podi.

Anche l’esordio in 500cc, sempre con la Honda privata del team Kanemoto, è di quelli da lasciare a bocca aperta. A Suzuka, alla sua prima gara, Biaggi centra pole position, giro veloce in gara e vittoria (con un’impennata da brivido per festeggiare, come si vede nel video di seguito). Un’impresa riuscita, nella storia, solamente a Jaarno Saarinen 25 anni prima. Ma la Honda tradisce Biaggi: le promesse di migliorie tecniche alla sua moto privata, nel caso in cui fosse stato in lotta per l’iride, non vengono mantenute, per non mettere in difficoltà i due ufficiali HRC Doohan e Crivillé. La squalifica in Catalogna mette poi la parola fine ai sogni iridati: il titolo va a Doohan con Max che è costretto ad accontentarsi della seconda piazza davanti all’altro pilota ufficiale della casa dell’ala dorata.

Biaggi è deluso ed arrabbiato e decide così di passare alla concorrenza, cercando di riportare in alto una Yamaha da troppo tempo dispersa nelle retrovie. Con la casa dei tre diapason Biaggi sarà sempre in lotta per il titolo ma non riuscirà mai ad agguantarlo, dovendosi accontentare al massimo del titolo di vice-campione (due volte consecutive nel 2000 e 2001). Cambia di nuovo: ancora Honda ma privata, gestita dalla struttura di Sito Pons. Il titolo rimane sempre vicino, ma non diventa mai suo. Poi arriva finalmente la tanto agognata Honda HRC, ma il matrimonio a lungo inseguito avviene nell’annus horribilis della struttura ufficiale targata Repsol, presa a schiaffi in faccia un po’ da tutti, compresa la moto privata di Melandri. Per Biaggi l’avventura in 500/MotoGp si chiude qui: 58 podi (13 vittorie, 26 secondi posti, 19 terzi) e 23 pole position in 127 partenze. Un’unica grande mancanza e tanti rimpianti: il titolo iridato.

Ma Max, dicevamo, dopo un anno di stop più o meno forzato riparte con più voglia e determinazione di prima nel sempre più spettacolare campionato Superbike. Con la Suzuki del team Alstare Corona torna alle vecchie abitudini e in Qatar vince subito la manche d’esordio, anche se a fine anno si deve accontentare della terza piazza nonostante le tre vittorie e i 17 podi in 25 gare. Nel 2008 non trova accordi soddisfacenti ed è costretto a fare di necessità virtù, salendo sulla Ducati privata del team Sterilgarda: annata di transizione se ce n’è una visto che, solamente per la seconda stagione in carriera (l’altra è il 2005 con l’Honda HRC), chiuderà senza nemmeno un successo all’attivo.

Poi, però, il ritorno a casa. Aprilia rilancia il progetto Superbike e lo fa in grande stile con Biaggi. Il 2009 è, giocoforza, di apprendistato: una vittoria, nove podi e quarto posto nel mondiale. Nel 2010, però, arriva subito il titolo dopo una stagione da dominatore in cui Biaggi vince 10 volte in 26 gare. Nel 2011 Checa, e qualche caduta di troppo, lo tirano giù dal trono nonostante i 12 podi complessivi. Ma nell’anno appena concluso Max ritorna iridato – il sesto Mondiale della sua straordinaria carriera – con una stagione che lo descrive al meglio: respinge per mezzo punto l’assalto del giovane Sykes riprendendosi a più riprese dai momenti di difficoltà e dalle sfortune – come l’anteriore che si chiude improvvisamente e senza motivo nella penultima manche stagionale a Magny-Cours – che gli si sono presentate lungo il percorso. Come un vero Corsaro, sempre con il coltello tra i denti e pronto a piazzare la sciabolata vincente. Un corsaro che ora dice basta da Campione in carica. La sua voglia e il suo talento sono ancora lì, ma a 41 anni e dopo 181 podi (63 vittorie, 68 secondi posti, 50 terzi posti), 61 pole position e sei titoli iridati in 369 gare è tempo di dedicarsi alla famiglia.

L’ultima esibizione in pista il 2 dicembre a Latina nel “SuperSic Day”, evento benefico in onore di Marco Simoncelli. Poi il sipario calerà definitivamente e Biaggi saluterà, tra i tanti record, anche come pilota più vincente nella storia dell’Aprilia (cinque Mondiali, 41 vittorie e 84 podi totali). Un italiano capace di dominare il mondo su una moto italiana. Impresa che non è riuscita a tutti, anzi.

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2 risposte a “Il Corsaro ammaina la bandiera

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