
Kobe Bryant nel preciso momento in cui realizza il canestro con cui arriva, più giovane nella storia Nba, a 30000 punti (Foto AP/Gerald Herbert)
Trentamila. 30mila. 30000. Scrivetela come preferite, la cifra resta incredibile. Parliamo di punti, realizzati con semplici tiri a canestro. Solo 5 giocatori nella storia dell’Nba hanno superato questa quota. Tra loro, il signor Kobe Bean Bryant è stato il più giovane a farlo. Giusto celebrarlo, ricordando i suoi già tanti record, destinati inevitabilmente ad aumentare. Perché si tratta di uno degli uomini più forti della storia del basket.
La sera giusta. I Lakers vengono da una sconfitta e devono rifarsi. Mercoledì 5 dicembre i gialloviola scendono in campo a New Orleans con il freno a mano tirato e finiscono il primo quarto sotto 23-20. Gli Hornets però non sono fenomeni, le cose cambiano e la vittoria finale è netta: 103-87 per LA. Ma non è tanto il risultato che conta, quanto il vero protagonista della serata. Il numero 24. Il Black Mamba. Per tutti, Kobe.
Ad 1’17” dalla fine del secondo quarto il giovanotto si insinua, proprio come un serpente, nella difesa avversaria. Sul più bello, a un metro dal canestro, si solleva in cielo, leggero come l’aria, sovrastando il malcapitato Robin Lopez. E lascia partire uno dei suoi tiri facili, quasi telecomandati, di quelli che non hanno alcun rispetto per il ferro e amano solo la retina bianca. Solo rete per Kobe. Non è un canestro qualsiasi. Il ragazzo si è fatto uomo, i punti in carriera sono trentamila.
Solo quattro giocatori prima di lui hanno toccato questo traguardo in Nba, e Kobe è di gran lunga il più giovane di sempre a farcela, all’età di 34 anni e 104 giorni. Prima di lui il primato apparteneva a Wilt Chamberlain (35 anni e 179 giorni), seguito da Kareem Abdul-Jabbar (36 anni e 217 giorni), Karl Malone (36 anni e 189 giorni) e Michael Jordan (38 anni e 321 giorni).
Un grande record dunque, ma è solo l’ultimo dei tanti che hanno composto una carriera stellare. Finora ha giocato 1179 partite in regular season, e non sembra invecchiare più di tanto. Basti pensare a come ha iniziato questa stagione: nel 2012-13 è il top scorer, con una media di 27,9 punti a partita. Alti livelli, per uno che ha una media di 25 punti a partita in questi 17 anni di Nba.
Ora il prossimo obiettivo è raggiungere proprio Chamberlain, che dista circa 1400 punti, al quarto posto nella graduatoria dei top scorers all time. Ce la farà forse già quest’anno. Più difficile, se non impossibile, sarà rubargli il primato di punti in una stessa gara: qui Kobe siede al secondo gradino del podio. Fu proprio l’immenso Wilt Chamberlain, nel lontano 1962, a metterne a segno ben 100. Fantascienza. Il nostro giovanotto il 22 gennaio del 2006 giocò da solo contro i Toronto Raptors: 81 i punti a referto. Il coach di allora, Phil Jackson, elogiò così il suo pupillo: «Ho assistito a tante partite nella mia carriera, ma non ho mai visto nulla del genere». Possono sembrare pochi punti rispetto a quelli di Chamberlain, ma se si pensa che il record di un certo Michael Jordan è stato di 69, beh, la magia è servita.
Tre anni prima, il 7 gennaio del 2003, la mano destra di Bryant aveva realizzato un record curioso: il maggior numero di tiri da tre realizzati in una partita. Furono 12, per la disperazione dei Seattle Supersonics, sfortunati avversari di turno. Per la precisione, 12 su 18 tentativi. Donyell Marshall uguagliò la dozzina due anni più tardi, ma nel suo caso i tentativi furono 19.
Entrato in Nba a 18 anni, Kobe nel 1997 si presenta al mondo nel migliore dei modi. Partecipa quasi a sorpresa, nel suo anno da rookie, allo Slam Dunk (la gara delle schiacciate dell’All Star Game). E ovviamente lo vince: anche in questo, il più giovane nella storia della competizione. Ma i numeri non finiscono qui: ci sono i 5 anelli con la maglia gialloviola, le due medaglie d’oro olimpiche (Pechino 2008 e Londra 2012), 2 volte MVP delle finali, 4 volte MVP dell’All Star Game, dove è stato anche il più giovane di sempre a giocare, esordendo a 19 anni e 175 giorni l’8 febbraio del 1998.
Ma Kobe, che ha imparato a giocare in casa nostra al seguito del papà Joe (giocò in Italia dal 1984 al 1991), è anche uno sportivo amatissimo. La sua pagina ufficiale su Facebook ha quasi 15 milioni di fan. Per rendere l’idea, restando negli Usa: il campione di football americano Tom Brady non tocca i 2 milioni, Tiger Woods non arriva a 3 milioni, LeBron James ne ha 12 e lo stesso mito vivente del basket, his airness Michael Jordan, ne ha poco più di 21. Insomma, Kobe Bryant è uno dei più grandi sportivi in attività, probabilmente il migliore nel mondo della palla a spicchi. Non a caso la compagnia aerea Turkish Airlines ha appena diffuso un simpatico spot in cui è protagonista insieme al calciatore “pari in grado” Lionel Messi.
«È un grande onore», ha detto Kobe, parlando del suo ultimo record ottenuto davanti al commissioner Stern. Mentre il suo coach attuale, l’italoamericano Mike D’Antoni, si è limitato a scherzare: «Il record? Vuol dire che Kobe sta diventando vecchio». Vecchio, sì, ma ancora in grado di illuminare i parquet. E allora trentamila di questi record, Kobe.