
Mike Eruzione stringe la mano agli atleti sovietici prima dell’inizio della gara del 22 febbraio 1980 (Bruce Bennett Studios/Getty Images)
Storie di Olimpiadi invernali, passate e future, che si intrecciano. Giovedì, infatti, ha segnato un anno esatto dall’apertura dei Giochi Olimpici Invernali che si terranno a Sochi, in Russia, nel 2014. Ma recentemente è arrivata la notizia che alcuni pezzi, molto importanti, della storia a cinque cerchi (invernale) stanno per andare all’asta. E, in qualche modo, la Russia fa da trait d’union tra le due storie.
Salto indietro di 33 anni, siamo a Lake Placid nel 1980. All’ottava rassegna olimpica invernale nell’hockey ghiaccio la formazione dell’Unione Sovietica è strafavorita. Dal 1954 ha praticamente vinto tutte le edizioni dei campionati mondiali e delle Olimpiadi, e dalla sconfitta a sorpresa del 1960 con gli USA a Squaw Valley l’Armata Rossa su pattini ha vinto 27 gare su 29 (1 pareggio e 1 sconfitta) in quattro edizioni a cinque cerchi (175-44 il conto dei gol, di cui 28-7 rifilati agli americani).
Gran parte dei russi sono militari, ma giocano in una lega di altissimo livello, tanto che nelle amichevoli di preparazione hanno vinto 5 gare su 9 contro squadre NHL (3 pareggi e 1 sconfitta) e poi hanno rifilato un pesantissimo 6-0 a una selezione “all-stars” della National Hockey League. NHL in cui tutte le stelle, peraltro, sono canadesi e i cui giocatori – in quanto professionisti – non possono comunque partecipare alla rassegna a cinque cerchi. E infatti la selezione statunitense è un mix di giocatori universitari e non professionisti, con uno solo che ha già partecipato alle Olimpiadi nel 1976.
I Sovietici, insomma, dovrebbero fare un sol boccone degli yankee e allungare a 22 la propria striscia di vittorie consecutive. Eppure a Lake Placid 8500 persone affollano l’arena fino all’ultimo ordine di posti per cercare di spingere la squadra a stelle e strisce verso l’impensabile. Gli USA partono bene e incredibilmente tengono botta, vanno sotto 3-2 ma poi pareggiano e a 10’ dalla fine addirittura mettono il naso avanti con un gol del capitano – e paisà – Mike Eruzione. Poi sono 10’ di difesa a denti stretti, con l’URSS che assalta la porta statunitense senza riuscire a pareggiare. Al Michaels, che commenta in tv la gara, negli ultimi istanti esclama fa il coutdown degli ultimi secondi ed esclama una frase che passerà alla storia: «11 seconds, you’ve got 10 seconds, the countdown going on right now! Morrow, up to Silk. Five seconds left in the game. Do you believe in miracles?! YES!».
“Do you believe in miracles?”. Credi nei miracoli? Appunto. Gli USA hanno appena completato uno dei più grandi upset di sempre in ogni disciplina, che passerà alla storia proprio come il “Miracle on Ice”, il miracolo sul ghiaccio. Nel 1999 Sports Illustrated ha nominato quella partita come il miglior momento sportive del 20° secolo mentre la Federazione Internazionale di Hockey Ghiaccio nel 2008, per il suo centenario, ha scelto il “Miracle on Ice” come la storia numero 1 dei primi 100 anni di hockey ghiaccio internazionale.
Ora, 33 anni dopo, Mike Eruzione ha deciso di mettere all’asta la divisa di quella storia partita, che si aspetta venga venduta per oltre un milione di dollari. Non è in bancarotta e non ha bisogno di soldi per sé, ma così, ha detto, spera di poter aiutare gli altri, inclusi i suoi figli e nipoti. Insieme a quella storica divisa Eruzione ha deciso di mettere all’asta anche la stecca con cui segnò il gol della vittoria contro l’URSS, la divisa della successiva partita contro la Finlandia con cui gli USA si aggiudicarono l’oro, il suo cappello da cowboy, la tuta che indossò sul podio, i suoi guanti, le sue protezioni per le spalle, la divisa della cerimonia d’apertura e l’abito che indossò alla festa olimpica.
Un piccolo, grande, pezzo di quel miracolo che sarà venduto al miglior offerente. Ma, spiega Eruzione, «La medaglia d’oro non sarà venduta. Quella è la cosa principale, il motive per cui partecipi alle Olimpiadi. La medaglia d’oro non sarà mai venduta finchè io sarò vivo». Il che non vuol dire, però, che Eruzione non tenga agli oggetti che ha deciso di mettere all’asta. «Spero che coloro che li compreranno siano persone che apprezzano il momento e capiscono che non si è trattato solo di un evento sportivo, è un pezzo di storia. Spero che chi comprerà quegli oggetti li apprezzi quanto me e ‘senta’ di essere in possesso di una parte della storia americana».
Perché in piena guerra fredda il “Miracle on Ice” non poteva essere una “semplice” partita di hockey con in palio la strada spianata verso l’oro olimpico. E oggi, a un anno esatto dalle prime Olimpiadi invernali che saranno ospitate in Russia, un pezzo di quella fantastica storia va all’asta.