Adriano Panatta fa 65, l’Italia aspetta ancora il suo erede

Adriano Panatta solleva il trofeo del Roland Garros 1976

65 anni e non sentirli. Sono quelli che compie oggi Adriano Panatta, l’ex tennista romano che è stato l’anello di congiunzione tra il tennis dell’era pre-Open e quello contemporaneo. A lui è legata una delle vittorie più memorabili – e tuttora non ripetuta – del tennis azzurro: la Coppa Davis conquistata nel 1976 in Cile. E proprio grazie a quell’anno magico, in cui toccò anche il suo best-ranking in singolare (numero 4 al mondo, ndr), Panatta per tanti – troppi – anni è stato anche l’unico italiano capace di vincere uno Slam dopo Pietrangeli.

Dopo i 4 Slam in tre anni tra 1958 e 1960 tra doppio misto, doppio e singolare di Pietrangeli, tutti rigorosamente sulla terra rossa parigina del Roland Garros, l’Italia della racchetta ha dovuto attendere ben 16 anni per ritornare a festeggiarne uno. Anno di grazie 1976, appunto. Panatta ha già vinto gli Internazionali d’Italia battendo in finale Vilas. Ma la sua marcia è appena iniziata. Poche settimane dopo conquista anche Parigi, piegando in 4 set in finale l’americano Harold Salomon.

Per Panatta è l’apice della carriera. Sono il sesto e il settimo torneo ATP vinto in singolare, sui 10 che conquisterà in carriera (19 invece i successi in doppio). Ma niente, prima e dopo, sarà più come quelle due settimane al Roland Garros. Il 24 agosto diventa il numero 4 al mondo, per poi chiudere l’annata in settima posizione. Il suo unico anno in carriera concluso nella top10.

E proprio agli sgoccioli del suo anno magico, quella Fed Cup storica e irripetibile. A Santiago del Cile tutto è apparecchiato per il successo dei padroni di casa come da ordini del generale Pinochet. Le condizioni ambientali sono a dir poco proibitive. Eppure Panatta e Barazzutti – guidati dal capitano-non giocatore Pietrangeli – non si fanno intimidire e tornano a casa con l’insalatiera. I cileni sono spazzati via 4-1, con l’Italia che cede solo il singolare conclusivo con la riserva Zugarelli a risultato ampiamente raggiunto. Come se non bastasse Panatta e Barazzutti nel doppio che porterà il punto del 3-0 decisivo indossano anche un maglietta rossa in segno di protesta contro la dittatura militare cilena.

Dopo il ritiro Panatta è rimasto nel mondo del tennis, guidato con alterne fortune quella nazionale che lui ha portato, dal campo, nel punto più alto della sua storia. Poi l’addio, con qualche porta sbattuta ma nessun rimpianto. Personaggio estroverso, ancora oggi Panatta è tra i tennisti azzurri più conosciuti, e non manca di far discutere anche dietro ad un microfono.

Quel che è certo, però, è che è stato una figura centrale nella storia della racchetta azzurra, tenendola a galla quando rischiava di affondare. Dopo di lui, infatti, un digiuno lunghissimo.

Il doppio misto di Raffaella Reggi allo US Open del 1986 è, con tutto il rispetto, poco più di una nota di cronaca, come anche quello di Mara Santangelo a Parigi nel 2007. Dopo Panatta bisognerà attendere Francesca Schiavone nel 2010 – sempre a Parigi – per ritrovare un’italiana sul trono di uno Slam. 36 anni dopo. Ed il digiuno, a livello maschile, continua ancora. Perché nonostante i successi in doppio di Flavia Pennetta e l’epopea del duo ErraniVinci, nessuno è stato ancora capace di seguire le orme lasciate, ormai 39 anni fa, da Adriano Panatta.

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