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E dunque è Brexit. Circa 46 milioni e mezzo di britannici ieri hanno votato per uscire dall’Unione Europea. Una decisione che sconvolge il mondo, in primis finanziario, ma non solo. Anche lo sport, ed in particolare il calcio e la Premier League inglese, rischiano di subire pesanti ricadute. Vediamo allora quali potrebbero essere.
La prima e la più immediata riguarda il potere d’acquisto dei club inglesi. La Sterlina, come prevedibile, sta colando a picco e mentre vi scrivo ha già perso più del 6% nei confronti dell’Euro. Ieri un euro valeva poco meno di 0.77 sterline, ora vale poco meno di 0.81. Cosa vuol dire? Vuol dire minore capacità d’acquisto dei club inglesi sul mercato. Certo, le formazioni della Premiership sono tutte pressoché ricchissime, anche quelle di seconda e terza fascia, ma una variazione così brusca ed improvvisa in qualche maniera si farà sentire.
Il problema più grande ed il nodo più spinoso, però, è un altro. Come i molti giocatori di Football Manager del mondo sanno bene, me compreso, le regole in Inghilterra per il tesseramento di giocatori stranieri sono molto particolari, al tempo stesso larghe ma anche molto restrittive. Perché se è vero che non c’è alcun limite al numero degli extracomunitari tesserabili, è altrettanto vero che per essere tesserati bisogna ottenere un permesso di lavoro, e questo è tutt’altro che semplice.
Situazione dunque molto spinosa in una lega in cui circa il 65% dei giocatori sono stranieri. Fino ad ora, ovviamente, tutti i giocatori con passaporto UE giovavano della libera circolazione dei lavoratori. Inclusi i tanti naturalizzati grazie a qualche nonno ormai dimenticato o per via della militanza in campionati di nazioni – tipo Spagna e Belgio – che hanno requisiti molto più facili per l’acquisizione della nazionalità. Tanto che – ed anche questo i giocatori di Football Manager lo sanno benissimo – molti club inglesi fino ad ora mandavano i propri giovani promettenti ed extracomunitari all’estero, con la possibilità di incamerare minuti ma anche di ottenere il tanto agognato passaporto UE che permetteva di aggirare il problema del “work permit”.
Ora anche gli europei dovranno, almeno in via teorica, seguire le regole valide per tutti gli stranieri per ottenere il permesso di lavoro ed essere tesserati. Vale a dire aver giocato almeno una determinata percentuale delle gare disputate dalla propria nazionale nei due anni precedenti l’arrivo in Gran Bretagna, con una scala variabile in base al ranking FIFA del paese di provenienza. Questa è la scala: per i paesi con ranking tra il numero 1 ed il 10 il 30% delle gare, da 11 a 20 il 45%, da 21 a 30 il 50% ed da 31 a 50 addirittura il 75%.
Se queste norme fossero in vigore, dei 161 giocatori stranieri attualmente in Premier League, solo 50 avrebbero avuto diritto ad ottenere il permesso di lavoro. Insomma, con queste regole, se la Gran Bretagna non fosse stata nell’Unione Europea, la Premier League non avrebbe potuto tesserare giocatori come Cristiano Ronaldo, Henry, Martial, Ginola, Kante, Payet, Cantona ma anche i nostri Zola e Di Canio.
Problemi ancora maggiori, poi, ci sarebbero per i giovanissimi. La FIFA, infatti, vieta i trasferimenti internazionali di under18. Una regola, però, che non viene applicata ai trasferimenti di giocatori tra i 16 ed i 18 anni nell’Unione Europea. Senza questa regola, i vari Fabregas, Pogba, Januzaj e Bellerín non avrebbero potuto trasferirsi giovanissimi in Premiership.
Quasi sicuramente queste normative non saranno applicate in maniera retroattiva e gli effetti della Brexit si dovrebbero sentire in ambito calcistico in un paio di anni, ma se le regole restassero così la Premier League si vedrebbe depauperata del proprio potere su quella fascia di giocatori emergenti e di secondo piano, che spesso sono poi esplosi diventando stelle di primissima grandezza per la gioia, sia tecnica che economica, dei propri club. Club inglesi che, invece, sarebbero costretti a farsi una guerra spietata per accaparrarsi, con prezzi ancora più folli degli attuali, i migliori britannici e le poche superstar già affermate e che rientrano nei ristrettivi parametri del permesso di lavoro.
Una situazione totalmente insostenibile, poi, per le altre leghe britanniche. Pensate che in Championship, la serie B inglese, solo 23 calciatori stranieri su 180 ad oggi avrebbero il permesso di lavoro, essendo poi quasi tutti irlandesi o dei paesi del Commonwealth. Peggio ancora in Scozia: dei 53 tesserati nelle prime due serie, nessuno soddisfa i requisiti per il work permit.
Sembra chiaro, dunque, che le leghe britanniche dovranno inventarsi qualcosa. Già ora ci sono eccezioni per nazioni come Svizzera e Norvegia, con i calciatori di questi due stati che possono essere tesserati senza limiti. Che questa eccezione possa essere estesa a tutti i 27 paesi dell’UE? Oppure, forse, si utilizzerà una nuova regolamentazione, creata ex-novo proprio per il tesseramento dei calciatori cittadini europei. Oppure, secondo le voci che già girano, potrebbe esserci la richiesta da parte del governo inglese di far rimanere la Premier League nello Spazio Economico Europeo.
Vedramo. Sicuramente, però, da oggi la Premier League (e le altre leghe calcistiche britanniche) hanno un nuovo, grosso, problema da affrontare.
Vi lasciamo con la lista, tratta da Tuttomercatoweb, dei calciatori che hanno giocato l’ultima Premier League ma che, dopo la Brexit e secondo le regole attualmente in vigore, non avrebbero diritto al permesso di lavoro.
Aston Villa: Libor Kozak, Adama Traore, Carles Gil, Charles N’Zogbia, Jordan Veretout, Jordan Amavi, Jores Okore, Aly Cissokho, Leandro Bacuna.
Arsenal: Francis Coquelin, Mathieu Flamini, Mikel Arteta, Hector Bellerin, Nacho Monreal, Tomas Rosicky, Laurent Koscielny, Serge Gnabry.
Bournemouth: Artur Boruc, Sylvain Distin, Joshua King.
Chelsea: Loic Remy, Kurt Zouma, Marco Amelia.
Crystal Palace: Brede Hangeland.
Everton: Gerard Deulofeu, Joel Robles.
Leicester City: N’Golo Kante, Marcin Wasilewski, Robert Huth.
Liverpool: Emre Can, Alberto Moreno, Jose Enrique, Adam Bogdan, Simon Mignolet, Dejan Lovren, Mamadou Sakho, Tiago Ilori, Joao Carlos Teixeira.
Manchester City: Jesus Navas, Bacary Sagna, Eliaquim Mangala, Gael Clichy.
Manchester United: Anthony Martial, Ander Herrera, Adnan Januzaj, David de Gea, Morgan Schneiderlin, Timothy Fosu-Mensah.
Newcastle United: Ayoze Perez, Gabriel Obertan, Siem de Jong, Vurnon Anita, Yoan Gouffran, Tim Krul, Emmanuel Riviere, Sylvian Marxeaux, Massadio Haidara.
Norwich City: Alexander Tettey, Vadis Odjidja-Ofoe, Martin Olsson, Ivo Pinto.
Southampton: Juanmi, Oriol Romeu, Jose Fonte, Virgil van Dijk, Maarten Stekelenburg, Florin Gardos, Jordy Clasie.
Stoke City: Bojan, Joselu, Erik Pieters, Marc Muniesa, Philipp Wollscheid, Jakob Haugaard, Ibrahim Afellay, Giannelli Imbula, Dionatan Teixeira.
Sunderland: Fabio Borini, Ola Toivonen, Yann M’Vila, Patrick van Aanholt, Younes Kaboul, Vito Mannone, Jan Kirchhoff, Jeremain Lens.
Swansea City: Bafetimbi Gomis, Angel Rangel, Jordi Amat, Kristoffer Nordfeldt, Leroy Fer, Alberto Paloschi.
Tottenham Hotspur: Kevin Wimmer, Michel Vorn.
Watford: Mario Suarez, Jose Manuel Jurado, Obbi Oulare, Jose Holebas, Etienne Capoue, Nathan Aké, Steven Berghuis, Joel Ekstrand, Costel Pantilimon.
West Bromwich Albion: Jonas Olsson, Sebastien Pocognoli.
West Ham United: Dimitri Payet, Pedro Obieng, Angelo Ogbonna, Adrian.