Mondiali sci alpino e biathlon: USA e Norvegia riscrivono la storia

I tre mattatori: Emil Hegle Svendsen (sx), Tora Berger e Ted Ligety (elaborazione grafica Pensieri di Sport © - foto: Ap Photo/Petr David Josek sinistra e centro e AP Photo/Erich Spiess destra)

I tre mattatori: Emil Hegle Svendsen (sx), Tora Berger e Ted Ligety (elaborazione grafica Pensieri di Sport © – foto: Ap Photo/Petr David Josek sinistra e centro e AP Photo/Erich Spiess destra)

Schladming, regione degli Stati Uniti, e Nove Mesto na Morave, nota cittadina norvegese. No, non ho bevuto. So benissimo che Schladming è in Austria mentre Nove Mesto in Repubblica Ceca. Eppure nelle ultime due settimane americani e norvegesi hanno banchettato come se fossero a casa loro in queste due località in occasione, rispettivamente, dei Campionati Mondiali di sci alpino e biathlon che si sono tenuti in contemporanea e si sono chiusi domenica.

Nella cittadina della Stiria la bandiera a stelle e strisce ha quasi messo le radici sul pennone più alto del podio. Per la prima volta nella storia, infatti, una nazione non europea ha conquistato il medagliere della manifestazione. E pensare che Schladming 2013 era iniziata, per la squadra americana, con il terribile infortunio della sua stella più luminosa, Lindsey Vonn. Le luci dei riflettori, allora, se le è prese tutte, o quasi, Ted Ligety. Il 28enne di Salt Lake City ha conquistato tre ori – superG, supercombinata e gigante – portando a casa un bottino che, da solo, lo avrebbe messo davanti a tutte le altre nazioni e che, insieme all’oro già vinto due anni fa a Garmisch in gigante, lo incorona come statunitense più vincente di sempre ai Mondiali, al pari di Bode Miller. Oltre che il primo uomo, da 45 anni a questa parte (Jean-Claude Killy nel 1968), capace di conquistare tre vittorie in una singola edizione della rassegna iridata.

Ma gli States non sono stati Ligety-dipendenti, visto che Mikaela Shiffrin ha impreziosito la sua fantastica stagione d’esplosione mettendosi al collo l’oro dello slalom. Un oro storico perché a 17 anni e 340 giorni è l’ottava campionessa del mondo più giovane di sempre, la più giovane dal 1985.

Manfred Moelgg posa con il bronzo vinto in gigante (AP Photo/Luca Bruno)

Manfred Moelgg posa con il bronzo vinto in gigante (AP Photo/Luca Bruno)

Numeri che diventano ancora più clamorosi se riferiti solamente ai “rapid gates”: Shiffrin, infatti, è la terza più giovane di sempre a imporsi in uno slalom iridato e la più piccola dal 1974. Nel suo piccolo anche l’Italia è riuscita a fare qualcosa di importante, se non proprio storico. Il bronzo di Manfred Moelgg (foto) in gigante, infatti, ha riportato il tricolore sul podio iridato di una disciplina che, al maschile, ci vedeva assenti addirittura da 17 anni, dal trionfo dell’immenso Alberto Tomba a Sierra Nevada nel 1996.

Veloce spostamento a circa 300km di distanza in linea d’aria verso nord-est e arriviamo a Nove Mesto. Qui la rassegna iridata si è tinta fin dal primo giorno dei colori norvegesi, con la vittoria della nazionale scandinava nella staffetta mista d’apertura, e di quei colori è stata colorata fino alla fine, quando Tarjei Bø ha messo tutti in fila nella mass start maschile che ha chiuso i Mondiali. Nel mezzo un dominio in lungo e in largo sottolineato dalle 8 vittorie in 11 gare, risultato mai riuscito prima a nessuna nazione. Le firme in calce a questa impresa sono soprattutto quelle di Tora Berger e di Emil Hegle Svendsen. La prima è andata a medaglie in tutte le gare, chiudendo con 4 ori (staffetta mista, staffetta, inseguimento, individuale) e 2 argenti (sprint, mass start). È la prima biathleta di sempre – uomini inclusi – capace di vincere 6 medaglie in altrettante gare di una singola edizione iridata.

Svendsen, invece, si è dovuto “accontentare” di 5 medaglie. Dopo aver vinto in sequenza staffetta mista, sprint e inseguimento, infatti, l’influenza lo ha costretto a rinunciare all’individuale. Ma l’oro nella staffetta e il bronzo nella mass start hanno completato una quindici giorni da incorniciare, anche se resta imbattuto l’en-plein che l’immenso Ole Einar Bjørndalen mise a segno ai Giochi Olimpici di Salt Lake City nel 2002 (vinse 4 gare su 4, all’epoca il programma olimpico del biathlon non prevedeva staffetta mista e mass start). Lo stesso Bjørndalen che a Nove Mesto si è messo al collo la 50° medaglia in carriera tra Mondiali (39) e Olimpiadi (11) con l’oro in staffetta. Curiosità: le cinque medaglie di Svendsen sono state eguagliate, in questa stessa edizione, anche dal francese Martin Fourcade, che però all’oro dell’individuale ha affiancato i ben quattro argenti conquistati sempre dietro a un norvegese, quattro volte dietro Svendsen e una dietro anche Bø (trattandosi di staffetta).

Karin Oberhofer impegnata al poligono durante la frazione conclusiva della staffetta di bronzo azzurra (AP Photo/Petr David Josek)

Karin Oberhofer impegnata al poligono durante la frazione conclusiva della staffetta di bronzo azzurra (AP Photo/Petr David Josek)

Anche a Nove Mesto Italia sugli scudi. Il bronzo conquistato dalla staffetta femminile composta da Dorothea Wierer, Nicole Gontier, Michela Ponza e Karin Oberhofer (foto), infatti, è la prima medaglia di sempre ai Mondiali di biathlon in campo femminile. Italia, peraltro, che per conquistare il podio ha tenuto fuori dai primi tre posti la Germania, per la prima volta senza una medaglia in staffetta dopo 19 podi consecutivi tra Mondiali e Olimpiadi. L’ultima volta che erano rimaste a secco era il 1993. Ma il “Mondiale horribilis” della squadra teutonica non è finito qui, visto che per la prima volta nella storia la Germania non ha conquistato nemmeno un oro, dovendosi accontentare di un argento e un bronzo. Poco meglio ha fatto la Russia, altra grande delusa della rassegna ceca, salvata dalle due medaglie (un argento e un bronzo) di Anton Shipulin.

Insomma, due settimane “bollenti” – e piene di risultati storici – anche per le discipline della neve. E ora il testimone passa alla Val di Fiemme, che da mercoledì fino a domenica 3 marzo ospiterà i Mondiali di Sci Nordico.

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